Siamo alle solite?

Corre voce che qualcuno intenda realizzare, e qualcuno lo voglia consentire, una megacentrale sporcacciona dalle parte delle Serre di Galatone. Chiaramente in una zona agricola incontaminata e non in una zona industriale. 
Sarebbe bene sapere se è vero, di cosa si tratta, chi e perché. 
Chi sarebbe d’accordo e chi no. 
Se queste cose non si conoscono a 90 giorni dalle elezioni comunali quando?

Lo stallo messicano (ossia la prevalenza delle manie suicide nella sinistra galatonese)

Lo stallo messicano

(ossia la prevalenza delle manie suicide nella sinistra galatonese).

Chi segue i film di Quentin Tarantino sa bene cos’è; per chi non li seguisse lo “Stallo Messicano” è quella situazione in cui i contendenti hanno tutti le pistole spianate e sono sottotiro incrociato. Difficile da sbloccare. Perché il più delle volte il primo che spara innesca un’ecatombe e pochi sopravvivono, sicuramente nessuno resta indenne.

La situazione politica del Centrosinistra di Galatone è, secondo me, osservatore esterno, un perfetto “Stallo Massicano”.

Nessuno vuole fare un passo indietro, la candela si strusce e lu nonnu no more.

Mentre sembrano già delineati il blocco di Centrodestra – praticamente immutato rispetto alle scorse comunali che lo vide soccombente, tranne qualche scontento emigrato altrove e qualche nuovo acquisto approdatovi dopo peregrinazioni varie ed eventuali -; il Centro – che ripropone raggruppamenti già visti in ambito nazionale- ; la Destra – costretta nel suo ruolo di difensore arcigno delle ombre di cinque anni grigi- ; il nuovo populismo masaniellico degli scontenti -che raggruppa i provenienti dal monte e dal piano, in breve tempo tutti incespicanti nella dissestata strada che porta a Damasco, intorno all’ossimoro di una politica fatta di antipolitica-.

Il grande assente è proprio il Centrosinistra Galatonese, da anni oggetto delle incursioni rapaci, di guerre tra bande, di depredazioni, di stupri, di tradimenti, di faide e vendette personali. Un Centrosinistra chiuso nella privata battaglia tra personaggi consunti, una sorta di mandarini intronati (nel senso del trono! Ma anche no…) che non abdicano nemmeno davanti a risultati tangibilmente deludenti se non catastrofici. D’altro canto la “base” del Centrosinistra, tagliata fuori dal processo decisionale tramite le conventicole dei sottoscala, non può far passare il grido forte che chiede il rinnovamento, l’unione ed il cambio dei metodi, dei personaggi e delle regole.

Questa frattura si divarica sempre più. Ormai è diventata un canyon. E, se perdurano queste situazioni, immagino che l’elettorato di centrosinistra, sempre schizzinoso, evaderà le cabine elettorali in massa. Non penso, infatti, che oltre ai partecipanti al gioco al massacro, ci siano molti altri elettori consapevoli disposti a appoggiare separatismi di bottega, fughe in avanti, auto proclamazioni, inciuci senza un coinvolgimento democratico, presunzioni di verginità e di essere migliori degli altri.

Io, consentitemelo, una via l’avevo già segnata in tempi non sospetti. Era giugno quando auspicavo un’unità del Centrosinistra ottenuta con primarie, rinnovamento aprendo ai giovani, dichiarazione della squadra degli assessori prima delle elezioni, passo indietro di chi aveva ricoperto ruoli di vertice nelle precedenti elezioni.

Visto e considerato che pochi partiti, in sostanza, veramente aprono ai giovani o sono frequentati dai giovani, per non sembrare propendere per chi lo fosse più degli altri, si potrebbe anche evitare di prendere in considerazioni candidature di soli giovanissimi.  Mi pare, però, giusto mantenere le altre quattro prerogative.

Se la storia dello “stallo messicano” non dovesse sbloccarsi subito, se gli incaponimenti dovessero persistere, le autoproclamazioni non dovessero recedere, prima di assistere ad un’ecatombe, ad un suicidio di massa, alla inutile separazione particellare, io suggerirei di passare subito – E SAREBBE ORA – la parola all’elettorato tramite delle primarie che scelgano le persone che possono rappresentare TUTTI e i loro programmi.

Altrimenti…. Ci asteniamo.

Essere complici di un efferato suicidio di massa è inaccettabile. Peggio, ancora, è che possa venire il sospetto che certi suicidi siano in sostanza degli omicidi. Potrebbe venire il dubbio, lungilaugurriu, che qualcuno voglia portare l’azzeramento del centrosinistra per godere di altri patti scellerati con altre zone della politica di monti e di riviere, con i quali, poi, potrebbe flirtare proficuamente.

Vorrei una smentita coi fatti.

Grazie.

Perchè?

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché uno che non conosce il progetto del Palazzo Marchesale pretende di spiegarmi cosa farne, dopo venticinque anni che ho lavorato per progettare il restauro e il riuso.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché c’è chi pensa che l’effimero e la copia siano più attraenti delle autentiche risorse attrattive locali.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché chi ne è estraneo cerca di imporre soluzioni inadeguate.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché i sordi e i ciechi parlano.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché si vogliono prescrivere cure senza conoscere la malattia.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché essere seriosi non è essere seri.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché ci ti tae a mangiare chiami tata.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché ti la faci cu megghiu ti te e n’di faci li spese.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché l’amnesia è la regola e non una malattia.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché a ddhro ni lassi no ni troi.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché cambiamo più facilmente idee che mutande.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché chi dorme vuole prendere i pesci.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché chi va con lo zoppo sa già zoppicare.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché gli anonimi fanno prediche sulla coerenza e la dignità e si offendono se li mandi affanculo.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché molti pensano di essere i più furbi del mondo.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché la buona educazione è considerata debolezza.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché chi tace acconsente.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché chi non tace è nemico.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché si raccoglie l’acqua quando piove.
Anche se piove piscio.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché continuando a dare un colpo alla botte ed uno al tampagno la botte si rompe.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché chi gode non s’accontenta.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché c’è gente che pagherebbe per farsi corrompere.

Perché la mia città non va mai avanti?
perché molti hanno la mente chiusa e la bocca aperta.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché molti non fanno pasquetta dove hanno fatto pasqua.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché per molti costanza è solo una vicina di casa della nonna.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché i voti si misurano in ottani e promesse.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché nonostante hai unto l’asse la ruota non cammina.

Perché la mia città non va mai avanti?

Perché si discute sei mesi su chi deve comandare e non sul che cosa fare.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché è inutile fischiare se l’asino non vuole bere.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché tutti i salmi finiscono in gloria.

Perché la mia città non va mai avanti?
Per quelli che “il più pulito c’ha la rogna” e votano il più sporco.

Perché la mia città non va mai avanti?
Perché fino a domenica scorsa nessuno aveva idee.
E per questo stavamo pure meglio.

 

IDEE IN SALDO. Tu mi dici che devo fare ed io lo faccio.

GALATOWN a -4 mesi dalle elezioni comunali :

IDEE IN SALDO. Tu mi dici che devo fare ed io lo faccio.

 

 

Quando io dico che le comunali dovrebbero essere fatte almeno una volta all’anno non sbaglio. Ho la dimostrazione in questi giorni. Chi ha sonnecchiato e si è disinteressato della vita sociale, economica, amministrativa, culturale e, quindi, politica di Galatone, ora è improvvisamente morso dalla tarantola delle IDEE. Idee, bada bene, non sue; non certo esposte per condividere un programma riflettuto e pensato su basi analitiche e su progetti rivolti ad una conformazione futura del paese. Non certo idee programmatiche e di indirizzo esposte al vaglio del giudizio degli elettori. Piuttosto idee che, con un sospetto improvviso rigurgito di democrazia partecipata dal forte afrore di populismo d’accatto, si vogliono dagli elettori. Così l’elettore, senza alcuna base analitica dello status quo, dei costi, dei ricavi, dei benefici, dei problemi economici, urbani e sociali, può finalmente fare una lista di desiderata, anche in stridente contrasto tra loro e senza un obiettivo di fattibilità individuato, senza una direzione strategica. Fiato alle trombe, rullino i tamburi! SSSIggnori si va a cominciare: LA FIERA DEI SOGNI! Il politico risvegliatosi da quinquennale torpore, scacciate le mosche tze tze della letargia infralelettorale, si alza, novello Dracula, dalla bara in cui era sprofondato in questi lunghi anni, e pronuncia la frase: TU MI DICI COSA DEVO FARE ED IO LO FACCIO. Su altri palcoscenici televisivi questa frase induce ad attacchi di ilarità crepapelle. Ai “grandi” politici del paesello di Galatown sembra una trovata vincente. A me no. A me indispone. A me indispettisce. A me indigna. A me rompe le scatole alla grande. A me suscita attacchi perniciosi di sindrome di Tourette (quello stato psichico alterato che fa proferire in continuazione valanghe di sconcezze, trivialità coprolaliche, bestemmie e parolacce.) A me fa sgorgare prosaici rosari fatti di imprecazioni irreprimibili e irriferibili. A tutto c’è un limite di sopportazione. E il mio è stato abbondantemente superato. Chi si propone a governare un paese dovrebbe analizzare, soppesare, intuire, e poi progettare, definire, prospettare, immaginare. Una volta scelto dove andare nel futuro, chi essere, come essere, definito un progetto a medio e lungo termine, dovrebbe decidere cosa fare per ottenere dei risultati in quella direzione. Dovrebbe scegliere e dare una scala di priorità. Qui, invece, siamo all’ammasso, al tutto ed il contrario di tutto. Altra domanda: perché un privato cittadino elettore che sapesse cosa fare per ottenere dei risultati dovrebbe delegare sempre i soliti noti, ignoti per cinque anni? Coloro che sono rimasti chiusi in sé stessi e sordi verso gli altri per tutto questo tempo? Lo farebbe da solo, con altre persone che hanno idee. Non darebbe certo le sue idee in gestione a individui che per cinque anni non se ne sono fatta venire una. Quando i cittadini si scontravano con le distorsioni amministrative di questi anni, quando lottavano contro la discarica al Morrone, l’amianto nelle campagne, l’immondizia sovrastante, la spazzatura cara ed indifferenziata, l’inefficienza del servizio degli ingombranti, quando si sono visti insultati da parentopoli e concorsopoli, quando si sono visti angariati da pretese Ici sconsiderate e di rapina; quando hanno visto sparire per negligenza volta e cercata un PRG sudato e strapagato quanto tanto atteso, quando si sono visti contornati dagli sperperi, dal saccheggio del territorio e dall’abbandono di un centro storico, cuore che mai partì a battere, questi signori dov’erano? Come fanno ora a permettersi di voler gestire Galatone ? Hanno la coscienza a posto su quel poco o niente che hanno fatto? Pensano che è bastato per farli rimanere con l’etichetta di “politico” attaccata alla giacchetta? Perché questa pelosa primavera di idee dopo inverni di presenza? E’ solo il profumo della poltrona, del potere, del comando, dell’interesse a fargli scattare la febbre politica? Come i possono permettere questi Zombi di decidere io chi debba votare? Ecco che mi assale un altro attacco di sindrome di Tourette!

Difetti percepiti? Parlare forte e chiaro

I

 

 

l mio difetto è stato sempre quello di parlare forte e chiaro. Così come quello di ritenere che prima di muovere critiche agli altri bisogna fare esercizio paziente di autocritica (che non vuol dire essere santi e vergini, ma che ci si deve considerare con le proprie ombre e le proprie pallide luci). Anche perché – sono fermamente convinto da oltre mezzo secolo d’esperienza – che la verità non è mai una, e tanto meno la ragione. Perciò in tutti questi anni di blog e articoli, in questi anni di assunzione di responsabilità con lo scripta manent, sono riuscito a collezionare più musi lunghi dalle mie parti che nelle parti altrui.

Per questo lusso ho sempre pagato è per questo non sono riuscito a fare carriere strabilianti con incarichi stabilizzanti presso enti vari; ottenibili, pare, solo con colpi alternati al cerchio ed alla botte, usando a turno, e con sollecita e bilanciata discernita, carote e bastone.

Già  tocca nnasci cu siervi messa; figuratevi quanto sia più difficile cambiare rito o, addirittura, religione!

Figuriamoci senza maturare i tempi di una conversione almeno plausibile, poi.

Immaginati quanto mi sembrino affidabili i globetrotters di idee e partiti, gli oggiquidomanilà dell’occasione, del saldo elettorale. Quelli che un attimo prima di una elezione, o un attimo dopo, si spostano da una parte all’altra pur di trovare spazi alla propria presenzialità.

Guardarsi prima dentro e poi nello specchio e non provare ripulsa; non confezionarsi finti alibi mi pare impagabile da tutto l’oro del mondo. Altro che carta di credito!

Sì, va be’, qualcuno aduso a cambiare opinione alla Fregoli ha messo in giro la storia che solo il cretino non cambia opinione. Di fronte alle prove è veramente da stupidi non cambiare opinione. Chi lo nega.

Ma quando le opinioni si cambiano con la velocità dei bonifici bancari o dei tornaconti personali penso che non si tratta più di stupidità ma di scaltra furbizia interessata. E la scaltrezza e la furbizia non sono mai sinonimo di intelligenza, ma bagaglio di chi si trova a dover supplire l’intelligenza.

Dice: ma Darwin ha detto che l’evoluzione si ottiene con l’adattamento. Immagino parlasse di cose di animali, di adattamento all’ambiente. Forse persino di adattamento sociale e economico. Non credo certo che parlasse di cose etiche, di visioni della vita, immagino. Non me lo so proprio figurare Darwin moralista. Ma il furbo riesce a far passare considerazioni eto-antropologico-ambientali persino per filosofie morali. Qualche sprovveduto che ci caschi si trova sempre.

 

In giro c’è chi va cercando scudi da esporre, dietro ai quali ripararsi per trescare a piacimento. Nell’epoca della fine della cosiddetta Prima Repubblica (di fatto mai finita), quando l’indecenza dei partiti venne fuori dietro i colpi assestati a Tangentopoli (quando tutti quelli che oggi sono diventati garantisti pro domo propria erano forcaioli e lanciatori di monetine) si dette fondo a quella che, con una locuzione ambigua, si cominciò a chiamare “SOCIETA’ CIVILE”. Qualcosa che doveva essere poco militare o militante, se ne concludeva,  e in contrapposizione lessicale con un’altra presumibile SOCIETA’ INCIVILE annidata negli organismi dei partiti.

L’epoca della società civile, forse,  ha portato ben più guasti dell’altra. Prima ti tutto chi, provenendo dalla non militanza, non si è saputo adattare ai perversi riti partitocratici e di intrallazzo sottogovernativo o se ne è andato a gambe levate o è stato enucleato e buttato fuori. Basterebbe ricordarsi alcuni ministri, esperti, passionari e presidenti di camera e senato del primo governo Berlusconi: spariti dalla politica di prima pagina. Nel nostro microcosmo, d’altronde,  i rimasti in politica dei componenti della lista di Galatone Progressista del 1994 si contano sulle dita di una mano.

Seconda cosa: chi è provenuto dalla non militanza già provveduto di pelliccia sullo stomaco si è sostituito ai politici esperti e colti e coltivati con un’arroganza senza fine peggiorando la già bassa sostanza etica. In più, a scarso di preparazione giuridica, economica e sociopolitica, ha cominciato un’opera di demolizione del Sistema veloce e irresponsabile, facendo passare dalla persecuzione degli interessi collettivi con un occhio a quelli privati, alla persecuzione di soli interessi privati e di clan, cosca, casta o cricca, che dir si voglia, spacciati per interessi collettivi.

Questo peggioramento del livello sostanziale della politica ha fatto sì che il divario, il gap o, come si direbbe oggi, lo spread tra la politica spoliticata e la società civile, l’elettorato, è divaricato enormemente.

Così si cerca di rimediare molte volte facendo operazioni di facciata.

Ma per farle occorre anche trovare chi si presta a giochetti strani, a fare l’uomo di paglia.

Così chi, per anni, mi ha rinfacciato di “non espormi” (tipico linguaggio mafioso) direttamente, chi mi ha accusato di fare il predicatore stilita, quando si è prodotto nella consueta provocazione – Però se tu fossi disposto a presentarti…- e si è sentito rispondere – Sì! Sono disposto ….- è sparito improvvisamente dall’orizzonte non facendosi più vedere e sentire nemmeno in codici binari. Come volevasi dimostrare! Perché la prima obiezione impacciata al mio provocatorio –Sì – è stata – Ma dovresti essere più elastico…- Di fronte a tutti i problemi di questa scellerata comunità la cosa principale è la mia “elasticità”!!! Alla faccia della legge di Hooke!

Che significa tutto ciò? Che chi manovra dietro le quinte o sul boccascena ha bisogno di interpreti ai quali far recitare copioni già scritti. Ci sono autori in cerca di personaggi.

Allora?

Allora io propongo di ribaltare i tavoli. Smetterla di giocare a patrunu e sotta, basta con le invitanze e le obbligazioni, basta con le femmineprene, con gli indicibili interessi, i piatti giustati, gli uomini di paglia, gli intrallazzi egli apparentamenti per gli appartamenti… e via ad una nuova Galatone Libera.

Dove i politici e i partiti che non vogliano più questo status quo, i cittadini liberi pieni di responsabilità e buona volontà,  si rivolgano direttamente non alle ammuffite ed esautorate “segreterie” ma solo e solamente agli elettori, ai galatonesi stufi e annoiati,  proponendo analisi, idee, progetti, soluzioni.

Senza assi nella manica, bari e jolly pigliatutto.

Solo giovani motivati e preparati che ascoltino chi ha vissuto di più e chi ne sa un po’ di più, ma che trasformino le esperienze in entusiasmi e propulsione.

O così o solamente la solita noia, untuosa, paralizzante e malevola.

Più chiaro di così!

 

 

“Ho paura che un giorno, dopo esserci tanto mancati, ci chiederemo se potevamo fare qualcosa concretamente,

invece di mancarci senza fare niente.”

(G.Carcasi)

 

“Galatone ha abbastanza per le necessità di tutti ma non per l’avidità di pochi.” (parafrasando Gandhi)

Riflessioni sulla politica locale a cinque mesi dal voto

Immagine.

 

A volte mi chiedo perché, nonostante ci metta tanta passione nella politica, poi non abbia mai partecipato attivamente più di tanto alla politica politicata.

Poi mi rispondo: perché la politica politicata non è, per me, Politica.

E ogni volta che mi sento chiamato a partecipare, che il mio senso civico mi tira per la giacca, le persone, le cose, le situazioni mi rimettono in moto un senso di montante pesante nausea.

Quello che io penso debba essere la Politica consiste nella risoluzione dei problemi cogenti e nella visione di un futuro prossimo. Io intendo Politica come analizzare e proporre soluzioni, escogitare vie d’uscita, sistemare pregressi precari e, contemporaneamente, guardare lontano, cercare di riuscire ad immaginarsi cosa il mio paese, con la p maiuscola e minuscola, potrà e dovrà diventare.

Forse tutto questo fa parte di quel bagaglio culturale o, se volete, distorsione professionale dell’architetto: analisi, sintesi e soluzione; restauro e progettazione.

A me la politica del Risiko fatta da conventicole autoreferenti ed autonominate, da pochi autoeletti che, solo per aver comprato una tessera di partito, si sentono autorizzati a spartirsi torte e pasticcini, poltrone e sedioline, senza preoccuparsi dei perché e dei percom,e mi da l’allergia.

Che ci posso fare? Non mi suscita entusiasmo ma un diffuso senso di malessere e una sensazione proprio di…schifo.

Ho il voltastomaco per la politica fatta da divisioni e non da condivisioni; è emetica, per me, la politica che parla di pacchetti di voti da spostarsi di qui o di lì e che, ogni volta, è puntualmente smentita. No vi dico poi quella che pensa solo ai risultati per gestire potere, sottogoverno, interessi e mettere le mani sulla città.

Mi pare logico puntualizzare che questi atteggiamenti non sono solo della politica di Centrodestra, che su questi interessi fonda le sue fortune dichiaratamente, ma sono anche della politica di Centrosinistra, che lo fa ma non lo vuole dire, ipocritamente.

In pratica: tra centrodestra e centrosinistra, a livelli di gestione, a livello di politici, la differenza è solo nell’ipocrisia. Poi il dente affonda uguale. Invece l’elettorato di centrosinistra è molto sensibile a queste cose, le rifiuta. Per questo il centrosinistra perde pezzi di elettorato continuamente. Mentre il costruttore abusivo, l’evasore trova conforto nella protezione centrodestrica, quello di centrosinistra prova disgusto dei sui referenti politici, dei suoi capintesta invischiati in affaracci e sottogoverno.

 

Vedo, sento, leggo, ascolto di gruppuscoli di persone che passano intere serate a discutere con chi e contro di chi allearsi, a chi farla pagare, come vendicarsi, cosa spartirsi. I classici cacciatori che vendono la pelle dell’orso prima di averlo ammazzato. Non mettendo in conto non solo che non ammazzino l’orso ma che anche l’orso li può ammazzare.

A me piacerebbe che la politica fosse Politica; che fosse democraticamente corale e partecipata, che si parlasse a tutti di idee e di progetti, di soluzioni, di programmi. Che per ogni difetto analizzato – se si analizzassero – ci fosse una soluzione. Mi piacerebbe che la città ed il territorio fossero visti come una risorsa da governare e valorizzare, non come un bottino da spartirsi e da sfruttare.

Mi piacerebbe ascoltare discorsi su come fare, sul futuro, sulle direzioni da intraprendere, sulle qualità da implementare e sulle negatività da scardinare.

Invece continuo a sentire discorsi di nomi e cognomi, di divisioni atomiche solo perché chi non riesce a discutere le sue idee fa prima a sbattere la porta che a lottare perché le sue idee ed istanze possano avere considerazione.

Delle due l’una: o i partiti sono cosche dedite alla gestione del potere e degli interessi inconfessabili di pochi, o sono delle palestre di cultura e civiltà. Se il primo caso è quello più reale, mi chiedo perché ci sia chi continui a vagare ramingo da un partito all’altro in cerca di ascolto o di considerazione ma sempre usando le stesse perverse liturgie e regole e non, invece, ci si ritrovi con altra gente ed altri metodi, ci si butti alle spalle le liturgie consunte e perverse della politichetta politicata e, con fare propositivo ed innovativo, si impegni per una nuova visione politica partecipata.

Invece tutti i giocatori appassionati del “Risiko del rosico”, del “Piccolo politico” o de “L’allegro partito” giocano con le vecchie regole e poi si lamentano che non ci siano novità.

In questo modo i giovani, i mitici Ggiovvani, sono sempre evocati ma ben tenuti a distanza, se non addirittura insultati e beffeggiati, quando osino portare aria nuova e idee nuove.

In questa maniera costì non se ne esce.

Non se ne esce se si pensa solo “a vincere”, persino alleandosi conto natura con il diavolo di ieri solo perché, in teoria, portatore di voti oggi. Non se ne esce perché la storia ci ha insegnato che le unioni raccogliticce non fanno durare le amministrazioni. Galatone, Gallipoli, Copertino, Galatina… sono esempi inconfutabili di premorienza da eterogenee aggregazioni elettorali.

E’ veramente diabolico chi è stato scalzato da questo genere di cose e continua ad errare su questa strada fallimentare. L’intelligenza è imparare dai propri errori. Chi non impara è cretino. E non mi voglio far governare da un cretino, se permettete. Vorrei che mi governasse uno migliore di me. Non penso di chiedere troppo.

A me non interessa il “nome del sindaco”, mi interessa quello che ci si propone di fare e il metodo che si intende applicare; e poi, al limite,  mi interesse la squadra, non l’allenatore. Un allenatore, buono che fosse, non potrà disputare un buon campionato con una squadra raccogliticcia di brocchi ed una società al fallimento.

 

L’esperienza dei navigati in politica serve, serve a livello culturale, serve a livello burocratico. Ma se siamo arrivati dove siamo bisognerà pure dire, come il bambino del “Il re è nudo”, che chi ha governato fin qui ha fallito ed è un fallito.

L’ho detto.

Opra iti mesciu tasci.

Sindaci rottamati anzitempo, responsabili di partito che hanno visto i loro eletti diminuire a precipizio, governanti che hanno portato il paese allo sfascio ed allo scatafascio politico, civile, urbano, economico e perfino morale, bocciati plurimi a tutte le elezioni, non possono proporsi come detentori del “sapere politico”.

Al massimo come esempi. Negativi.

Chi ha passato la sua carriera politica a disunire vada a raccogliere cicorine nei campi, si trovi un altro hobby, faccia falegnameria con altre seghe che non siano quelle mentali. Sarà più produttivo.

Passi indietro ne dovrebbero fare tanti ed in tanti.

Se non hanno la dignità di farli,  stiano pure là a godersi il loro meritato insuccesso. E chi li smuove?!

Bisognerà, allora, trovare strade nuove, comuni, partecipate, condivise. Bisognerà che i cittadini si ritrovino fuori dai partiti o pseudo tali.

Si aprano spazi dove si parli di analisi e soluzioni.

Non certo di alleanze e divisioni.

Bisognerà smarcarsi da questi placcaggi asfissianti e andare per altre strade.

Ignorare le mummie, gli “attakkati alla poltrona”, e creare nuove prospettive.

Per fare questo servono forze vergini, nuove, propositive e propulsive.

Gli scheletri e i vecchi merletti, con i loro arsenici, lasciamoli nell’armadio di un passato prossimo inglorioso e bastardo.

NOVITA!

Per i ricilabili c’è solo la differenziata.

Io voglio una Galatone giovane e libera.

C’è la capacità si rimettere insieme tutta la società civile ed i partiti su basi paritetiche basate sulle idee e fuori dalle consunte regole di questo gioco al massacro?

Se la possibilità ci fosse si percorra, altrimenti al diavolo tutti i partiti e i loro lacchè e si faccia qualcosa di veramente innovativo e produttivo che possa suscitare speranze ed emozioni.

L’alternativa è solo la morte della democrazia tramite l’assenteismo.

Meditate, gente. Meditate!

(Giovani: il futuro è vostro. Occhio!)

 

Requiem per Galatown

Come molti già hanno saputo,  la piattaforma SPLINDER, che da nove anni ospitava uno sei siti BLOG più diffusi in Italia, sta chiudendo.

Il mio blog giusepperesta.splinder. com  (aperto il 17 febbraio 2003, 329000 contatti) e il blog collettivo galatown.splinder  (aperto il 14 gennaio 2005, 540000 contatti) scompariranno.

Come gocce nella pioggia dello spazio virtuale.

Ci sarebbe, e c’è, la possibilità di fare un artificio per salvare tutto, trasferendo l’archivio di nove anni di cronaca e storia di Galatone su un altro indirizzo blog.

Onestamente, è stata la prima cosa che ho pensato di fare.

La mia matrice storicistica, il mio culto per la memoria, avevano, sul primo momento, preso il sopravvento e pensavo di salvare tutto l’archivio. Me ne facevo un dovere etico.

L’operazione, però, ha presentato qualche minima difficoltà.

Mi sono rimandato il passo di giorno in giorno.

Ma questo è servito a fare maturare un altro pensiero:

 

MUOIA  GALATOWN CON TUTTI I GALATOWNESI.

 

Mi sono chiesto: “a che serve conservare nove anni di memoria di un paese che non ha memoria”?

 

Perché sono nati i blog?

Perché serviva in un dato momento storico aprire il dibattito pubblico e privato. Molti blog sono stati delle finestre sul proprio io, sui propri sentimenti. Blog personali di partecipazione emotiva, piccole cronache, vita vissuta,tormenti ed estasi, poesia e prosa. Sui blog sono nati scrittori e poeti che hanno, poi, trovato spazio sulla carta stampata. Laureandosi così al riconoscimento sociale. Come se solo la pagina stampata sia letteratura, in una fossilizzata idea medievale del libro come unico pilastro dell’umanità. Dimentichi che la cultura è arrivata al libro tramite la diffusione orale. E dimentichi, anche, che non tutto quello che è scritto sui libri, solo perché scritto su di un libro, è buono e giusto e inoppugnabile. Il Mein Kampf lo sta a dimostrare.

Poi ci sono stati i blog sociali.

Giusepperesta prima, e Galatown due anni dopo, sono stati delle finestre sociali aperte sulla nostra realtà omertosa e paramafiosa.

Qual’era il primo tentativo?

Era di permettere che le opinioni, se pure di un singolo cittadino di questa città, potessero essere divulgate e discusse fuori dalle liturgie ingessate e ritualizzate dai recinti ritenuti invalicabili dei circoli, delle conventicole, dei partiti.

Ci fu subito un minimo seguito. Ma ci fu.

Biblicamente Sodoma e Gomorra potevano essere salvate se solo ci fosse stato un uomo giusto. E Galatone rispose, come sempre, in maniera stipsica. Molti guardoni, pochi gli “esposti”. Molti i contatti, pochi i commenti. Ma tanti i pettegolezzi ed i mormorii. Però i primi blog nacquero. Pochi… ma buoni!

Perciò mi venne l’idea di aprire un blog a tutti quelli che ne volessero far parte, affrancandoli dallo sforzo di volontà di aprirne uno tutto loro, ma gestendo in contemporanea un MULTIBLOG (così si chiama tecnicamente) aperto a più voci.

Lo battezzai GALATOWN, prendendo una definizione che il geniale Luigi Bruno “Frantic” aveva usato sul suo blog FROMHELL. Mi piaceva questo logo che internazionalizzava il nostro paesello al sud del sud.

Internet, infatti, apriva scenari globali anche a posti benedetti da Dio ma scordati dagli uomini.

L’esperimento riuscì.

Oltre le più rosee aspettative, da una parte; meno di quanto Galatone meritasse, dall’altra.

Galatown ha segnato un’epoca.

Lo posso dire senza enfasi.

Contatti su contatti. Per un anno fu ai primi cinque posti dei blog splinder. Piattaforma che in due anni passò da 80000 blog a 400000. Per più di qualche settimana è stato perfino primo assoluto. Una cosa eccezionale. Ogni giorno la media contatti era sui 350, con una media di 750 pagine visitate. Si sono raggiunti picchi di 650 contatti in un giorno. I commenti fioccavano. Più o meno gli autori erano sempre gli stessi, è vero.

Serspir, Lanuovaeva, Pollon, Juandeamirena, Cassandrino, Lugimariano, Giuseppedoria, Campeggio, Mpuliticare, Pasqualechirivì, Aldogiovanigiacomo, Frantic, Signorhood, Mafaldalaribelle, Cassandrino, Localo, Sergiomartello, Messapico, Philosophus, Paolonuzzo, Sanitarium, Vitobaglivo, Enzovf, Flaviofiloni, Carlocolopi, Caoscalmo, Albertoresta… Ma, nonostante la diffusione e l’accesso ad internet fosse ad un decimo di quanto è oggi, i contatti c’erano e la diffusione delle notizie e delle considerazioni si veicolava dalla Galatown virtuale a tutta la Galatone reale.

Inoltre l’essere una piattaforma aperta e condivisa permetteva  – anche quella era stata una motivazione ponderata – che chi scrivesse non fosse bersaglio singolo dei gruppi di potere che dalla libertà di stampa o di pensiero si sentivano minacciati.

Ricordo che fu proprio una esplicita reprimenda fatta dall’allora sindaco Orazio Vaglio a Gaetano Giuri, gestore del blog SIGNOR HOOD, a farmi venire l’idea il 14 gennaio 2005 del multiblog. Sappiamo che anche gli esseri più pacifici, come le pecore o le sardine, si riuniscono in gruppo per difendersi dai predatori.

 

Ma gli attacchi alla libertà di pensiero e parola sono venuti da tante parti, trasversalmente.

Il Potere, qualunque esso sia, ha paura della critica aperta. Tollera quella da bar, da marciapiede. Anzi: la incoraggia, la usa e ne è parte. Ma la parola scritta, loscripta manent, ha sempre spaventato.

Così , in questi anni, ho collezionato anche una querela dalla Giunta Miceli; firmata anche da chi, sotto altra casacca, prima veniva a farsi pubblicare le sue lettere su Galatown, e da persone che ritenevano corretto prendere lavori da me, o chiedermi cortesie, ma poi non si tiravano dietro quando c’era da sottoscrivere la denuncia su di un errore già rimediato…ma tant’è. Non mi hanno fermato, comunque.

Ho collezionato anche tante esplicite minacce verbali, dirette ed indirette. Un signore, titolo inflazionato, arrivò perfino a scomodare mio padre buonanima, allora già vecchio e malato, per recapitarmi la sua censura, non avendo nemmeno il coraggio e quel minimo di attributi per recapitarmela guardandomi negli occhi.

Ma su questo capitolo gli episodi sarebbero tanti.

Come tanti sono i modi per dimostrare la propria inconsistenza umana.

Uno dei motti in epigrafe al blog, che mi hanno sempre  guidato, è “Ci sono articoli che non dovresti scrivere, perché sai che – se li scrivi – ti inimichi la parte teoricamente vicina. Ebbene, è esattamente allora, che devi scriverli.” preso in prestito da Andrea Scanzi. E così ho sempre fatto. Pratica che mi ha permesso di passare al vaglio chi si diceva amico, ma poi si dimostrava nemico appena intaccavi la sua presunta intoccabilità.

Gianni Rodari asseriva che “Nel paese della bugia, la verità è una malattia”.

E Galatone si è dimostrata spesso malata cronica.

Tutti i vari tentativi per svilire il blog marchiandolo di partigianeria e strabismo sono stati sempre smontati con fatti e scritti.

Le parole della calunnia si sono dissolte, come persino le scritte sui muri, sia nere che rosse, che hanno cercato di imbrattarmi riuscendo solo a sporcare il paese. Esteticamente ed eticamente.

Allora perché lasciare morire tutto questo?

Perché la società risente dei flussi e riflussi, come la risacca.

Pochi rimangono ancorati a combattere i marosi, incuranti della bonaccia o della tempesta. Ma va a finire che poi si stancano. O considerano ridicola questa posizione donchisciottesca ad oltranza.

Dopo il bel periodo della discussione, della partecipazione, dei blog dei ragazzi che nascevano come i funghi, c’è stato il riflusso nel disimpegno.

I blogger sono spariti.

Juandemairena, dimessosi da galatonese, ha perfino spostato la residenza al nord.

Mafaldalaribelle, mitica, sarcastica, lucida e luciferina provocatrice, s’è sposata e anche lei s’è trasferita in Padania.

Il Signor Hood s’è trovato casa, è “entrato in banca pure lui” per dirla alla Venditti, fa il galantuomo, e ha smesso di tirare calci, ora che mozzica a spese nostre.

Mpuliticare ha tanto mpuliticato da una parte all’altra da aver perso la bussola.

Caoscalmo ha cambiato tante di quelle opinioni nel frattempo che Capezzone impallidiribbe al confronto.

Qualcuno è entrato in seminario, altri si sono presi silenzi sabatici in attesa di collocazione.

Altri ancora sono spariti perché incapaci di reggere al confronto mediatico, sempre poco tenero con chi cambia repentinamente opinione, schieramento, casacca, e gira come una banderuola in attesa del vento giusto che risolva il problema di unire la colazione con la cena.

I “pronti a tutto” bramosi di vendersi sono un esercito.

Il blog ha perso così lo spirito forte e trainante.

La socialità fluida di Galatone non è stata capace di mantenere una coerenza in parole e opere, ha dimostrato ancora una volta la propensione alle omissioni.

Galatone difetta di lunghi impegni, di assiduità.

Galatown ultimamente viaggiava intorno al centinaio di contatti quotidiani. Scesi anche per colpa dell’uso improprio dell’anonimato che mi costrinse a mettere dei vincoli. Dimostrazione, se ancora occorresse, di una mentalità omertosa e cecchina del pettegolezzo locale, l’inguaribile MALANGU, pronto a sparare alle spalle con i favori delle tenebre, ma restio a prendere posizione apertamente.

Però, la più grande delusione, permettetemelo, me l’hanno data i giovani di questo paese. Sia quelli che sono andati via sapendo di non tornare più, e che hanno battuto le scarpe della polvere del paese natio fregandosene altamente, sia quelli che hanno il coraggio di lasciarlo (o incoscientemente ancora si asserragliano dentro) perché persi nel loro isolato egoismo, poco capaci di fare “massa critica” e di svincolarsi delle liturgie stantie e paralizzanti. Non dimostrano costanza, dedizione, consapevolezza di un’eredità scomoda ma ineludibile. Eredità da caricarsi sulle spalle nelle parte buona e da rinnegare in quella cattiva. 

Perché, allora, accanirsi terapeuticamente con un sito che sta per sparire?

Perché lo dovrei fare io che da lunga pezza ho doppiato la boa del mezzo secolo?

Muoiono le persone e con loro quantità di memoria, di storia, di storie ed esperienze.

Può morire anche un blog.

Ne rimarrà memoria, forse.

Ma la sua memoria, pare, che non serva a niente ed a nessuno.

Questo mi pare di capire dai rumors che giungono sulla prossima tornata elettorale comunale.

Rimane la delusione di un paese che non è riuscito in questi anni ad affrancarsi dalle decisioni piramidali, dall’”armatevi voi che poi comando io”, agli “insieme” decisi a tavolino, non penso che meriti di più.

Un paese che si è scosso un po’, solo un po’ dall’omertà, per ritornarci dentro subito. In attesa di nuove collocazioni redditizie.

In questo momento non scrivo più di Galatone. L’avete notato?

Evito di confezionare rosari laici fatti di bestemmie e improperi.

Sono pervaso di delusione profonda, che sta sfociando in nausea.

Si sgretolano i monumenti, crolla Pompei, si bruciano le biblioteche, può morire anche un blog di un paese morto e popolato di morti; tanto morti che non se ne sono nemmeno accorti. 

Polvere siamo e polvere diventeremo.

Succederà anche a quelli che ritengono presuntuosamente di “incidere” sulla socialità cittadina, di essere “indispensabili”.

Tutto scorre.

Sarebbe bene ricordarselo.

Muoia, allora, anche Galatown!

 

 

 

(c’è sempre FACEBOOK, d’altronde!)

scarica barile e carica barile

Monti ha reso operativa la manovra che Berluska aveva portato a Bruxelles. Nè più nè meno. E quello doveva fare. Berluska prima ha detto che era pari alla sua, poi, vedendo i musi lunghi, che la vota per senso di responsabilità. Quindi prende le distanze da sè stesso.
Bersani & Soci, invece, stanno caricandosi addosso tutta la responsabilità di una manovra non loro e visibilmente iniqua.
Prepariamioci a vedere la sinistra perdere il vantaggio accumulato!

Quello che non c’è

Quello che non c’è, prima di tutto, è una patrimoniale. Per carità, i patrimoni …non si toccano, in questo paese dove il cinquanta per cento della ricchezza è in mano al dieci per cento dei cittadini.Quello che non c’è è un’imposta sulle attività finanziarie: e suona patetico gabellare per tale (come ha fatto Grilli) l’aumentino del bollo di Stato sul conto titoli.Quello che non c’è è un taglio alle spese militari: continuiamo a comprare armi come se stessimo preparandoci a un’invasione aliena.

Quello che non c’è è un passo qualsiasi per abolire i privilegi della Chiesa, dall’Ici in giù: e ci mancherebbe, con l’asse cattolico che ha portato Monti a Palazzo Chigi.

Quello che non c’è è un taglio vero ai privilegi e alle spese della politica: unico punto pervenuto, il dimagrimento delle province, per il resto ciccia.

Quello che non c’è è un passo deciso verso la banda larga e la green economy: solo belle parole e vaghi propositi.

Quello che non c’è è il coraggio di aumentare l’Irpef almeno a chi prende più di 100 mila euro l’anno, e che se pure ne scuce un paio alla comunità in crisi non si suicida di certo.

Quello che non c’è è una severa legge penale tributaria, davvero curioso per un governo i cui membri hanno tutti studiato o lavorato negli Usa, dove le pene per gli evasori fiscali arrivano a 15 anni.

Quello che non c’è insomma è il coraggio di cambiare passo, di mostrare una nuova visione, una cultura diversa, un’ipotesi alternativa di futuro.

E quello che non c’è mi sembra, purtroppo, più importante e brutto di quello che invece c’è.

Da PIOVONO RANE di Alessandro Gilioli.